Se io fossi un animale
Sarei una tigre bianca per correre
libera
nella tundra con le mie sorelle.
Se io fossi un cosa
Sarei una stella per illuminare le
notti
Di quei poveri bambini
Sfruttati e soli che piangono in silenzio.
Se io fossi un fiore
Sarei una rosa rossa
Per portare il segno dell’Amore
ovunque venga portata.
Se io fossi un mezzo di trasporto
Sarei un trattore
Per aiutare il mio papà
nel suo lavoro quotidiano
Duro e faticoso.
Se io fossi un colore
Sarei il verde
… dell’erba fresca dove far giocare i bambini,
e della speranza di un mondo
pieno d’Amore.
Se io fossi una persona,
Sarei Maria Teresa di Calcutta
Per aiutare, senza voler nulla in
cambio,
gente bisognosa di cure.
Se io fossi un frutto
Sarei una banana,
per portare un po’ di dolcezza
con il mio zucchero
alle persone che hanno l’amarezza
nel cuore.
Se io fossi Dio
Porterei tutti i bambini
e le persone buone con me
Per avere un mondo perfetto
E lasciare i cattivi soli che ben presto
Sentendosi abbandonati
si convertirebbero all’Amore.
ALBRICI GIULIA
MEDIA SILVIO PELLICO ARESE
Classe 2a
Commento:
« Questo inizio di poesia è più che abusato. Del resto il testo di Cecco Angiolieri è un punto fermo nella formazione della nostra lingua. Chi non s’è esaltato al S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo… Tutti o quasi ci sentimmo Nerone in quel momento… Non c’è però violenza in questa poesia, come non c’era in quella di Cecco Angiolieri, tanto amata dagli scolari di ogni epoca. C’è molta espressività, quadri descrittivi d’effetto, desiderio di cambiare in meglio questo vivere. Le soluzioni di questo poeta in gonnella o calzoncini corti non sono banali, anzi! Sono soluzioni ricche di fantasia, di buoni propositi, di risposte assennate. Molta è l’ingenuità che troviamo nei periodi che leggiamo, ma non bisogna dimenticare che siamo in seconda media. Anche per questo la poesia ha piacevolmente sorpreso. Vi troviamo capacità di riflessione, di analisi, di esposizione di concetti in modo chiaro: concetti che si possono leggere anche come suggerimenti convincenti. Siamo dunque alla presenza di un piccolo poeta attento ai problemi reali ed attuali che investono questo tempo abbastanza agitato. Non è assolutamente poco e merita un plauso».
Come un irruente fulmine,
che viola la quiete
del firmamento.
Come un fiore di pesco,
che, sbocciando,
annuncia la venuta
della primavera.
Come un’ onda
dell’incontenibile oceano,
che si abbatte violenta
sulla giallastra distesa sabbiosa.
Come un colpo di vento
nell’ idilliaco deserto,
che innalza la polvere purpurea.
Come un puro fiocco niveo
che si poggia sul terreno.
Come una stella
che taciturna
annulla l’oscurità dell’universo …
Così la gioia
Irrompe decisa nei nostri cuori,
cullandoli e cingendoli,
con il suo caldo abbraccio..
VIGANO’ ERICA
MEDIA MANZONI IV RHO
Classe 3a
Commento:
«E’ piacevole leggere questa “sinfonia di parole” che come musica suonano con gaudio e contentezza per il nostro stato d’animo che vibra di intensa gioia. Sublime momento del nostro vivere quotidiano che scioglie angusti momenti in noi riposti, e come “stella che taciturna annulla l’oscurità dell’universo…».
Tra noi,
come una fredda e sottile
latra di vetro
separa i nostri mondi.
In essa si agita l’eco
delle mille parole che vorrei dirti.
Bloccata io, i miei gesti, la mia
voce
in questa sfoglia di cristallo,
osservo il mondo
che ruota, cambia e si ricopre di
nebbia
per poi scoprirsi ancora
fra turbini di correnti stellate;
il mio, il nostro mondo…
ma non posso ne muovermi, ne
parlare
perché questa prigione di nulla
rende invisibile anche me, ai tuoi
occhi:
non mi vedi, non mi senti
se non di riflesso
tra le ombre del ghiaccio…
BONIFORTI SILVIA
MEDIA SAN CARLO
Classe 3a
Commento:
«Timidezza, insicurezza, paura di essere rifiutati: sono barriere più che solide nel cuore di chi ama. E’ come se una gabbia di vetro, sottile ed invisibile, ci separasse dalla realtà; le parole non dette si dibattono nella mente come un’eco che non ci lascia tregua. Si è spettatori di una realtà a cui non possiamo partecipare, dove alla nostra presenza si sostituisce un pallido riflesso tra le ombre di ghiaccio. Non esiste un sentimento meno razionale dell’amore: non vi sono regole, non vi sono spiegazioni; è un turbine, un onda, che se non corrisposto, ci ghermisce e intrappola in un sogno dalle mura di vetro. Vetro, cristallo, ghiaccio: materie severe ma fragili, e se si riuscisse ad allontanare le ansie e a placare i dubbi, queste sbarre trasparenti si scioglierebbero in una voce acuta e allegra e ci accorgeremmo di avere intorno a noi solo una leggera e fragile bolla di sapone».
Boati assordanti tuonano gravemente,
schegge mortifere spengono vite
. Giovani uomini oppressi dal pianto
Crollano sordi ogni istante.
Il cielo straziato da fuochi nefasti
La terra ebbra di lacrime e sangue;
il campo strappa goccia d’umanità
da corpi ormai privi di luce.
L’orrore divora frammenti d’auspici
Da cuori spogli di ardore pulsante.
L’istinto soffoca emozioni e sentimenti
Da menti vuote e ormai spente.
Bruciata è la gioventù,
sfarinati i sogni,
frantumate la speranza,
dissolta ogni traccia d’entità…
il frutto d’una folle e arcana bramosia
pare una pandemia di cecità,
che impedisce ad alcuni di scorgere
il sangue sulle proprie mani,
ad altri di mirare cangiante
l’aurora del domani.
PEDOTA MATTIA
LICEO ETTORE MAJORANA
Classe 2a
Commento:
«L’aurora del domani non è per tutti: un’apocalisse di drammi e miserie, nati da sentimenti ed emozioni soffocate, pervade la terra. L’autore parla di boati assordanti, di schegge mortifere, di corpi privi di luce, di menti vuote e ormai spente. Ci parla della speranza ridotta in frantumi, di cecità non più umana. E’ tutto questo un panorama di cose, che mostrano la nostra animalità non la nostra umanità, e impedisce di mirare l’aurora del domani. E’ la descrizione semplice della guerra cinica. Non sembra esserci nuli’altro che la catastrofe dell’uomo di fronte a coloro, che spengono le vite altrui. Sia pure con difficoltà ho cercato tra i versi qualche barlume positivo. Ecco, ancora si è capaci di pianto, vi è ancora qualche goccia di umanità, non sono scomparsi i ricordi delle emozioni e dei sentimenti, anche se “sfarinati”, quasi incomprensibili; esistono ancora i sogni di un’esistenza diversa. Flebile appiglio, unica speranza in una tragedia dai caratteri universali che non lenisce lo sgomento di un quadro esistenziale che più terribile non può essere».
Siamo frammenti
Pagine dei giorni che
Non potranno finire…
Siamo essenza
Un sapore troppo amaro per
Questo presente…
Siamo silenzio Passi sull’asfalto…
Siamo follia
Vento che rincorre la pioggia…
Siamo sguardi
Sincerità e incertezza…
Siamo un segreto inviolabile
Passione…
Siamo sospiri
Lacrime invisibili…
Luce di notti taglienti…
Siamo
Pagine dei giorni che…
Resteranno…
…amore
TORRI MICHELA
LICEO LUCIO FONTANA
Classe 2a
Commento:
«Incontriamo una composizione che in prima lettura può ingannare, lasciandoci un senso di scontato, quasi di prevedibile. Questo può però bastare unicamente ad un occhio non attento, perché lo scorrere dei versi porta con sé la profondità vera ed acerba che solo a quest’età si possiede, il turbinio di emozioni che spinge a inseguire in ogni angolo il senso del proprio divenire. La poesia. L’indelebile sa regalarci quest’ansia del cercare, l’esplorazione smarrita eppure incantata del senso dell’esistere, quel patrimonio di attenzione che purtroppo rappresenta un bene sempre più prezioso al mondo. Forse, come spesso accade a chi commenta, chi invece ha scritto non sa di aver ardito a tanto. Vi è tuttavia una promessa di talento, manifestata tanto più compiutamente proprio nei versi di chiusura, in quel: “Siamo/pagine dei giomi/che/resteranno…/.. .amore” che, soprattutto nel modo in cui spezza il verso e vista la giovane età, ci regala più di una speranza»
Lieve o insignificante,
ma sempre presente…
un sentimento che si fa sempre
sentire,
s’impone sulla ragione e la soffoca,
forte,
violento come nient’altro…
prima, ovattato, inascoltato ristagna,
quieto,
nel profondo del cuore cresce,
cresce sempre più fino ad esplodere
e ad uscire
mostrandosi,
senza pudore,
incontrollato come una tempesta,
un tuono, un fulmine
che ti trafigge il cuore senza pietà…
Cresce, continua a crescere…
diventa bruciante desiderio…
desiderio di una carezza,
di un abbraccio o di un bacio da chi,
come te,
è travolto dallo stesso incomprensibile sentimento
… desiderare:
è forse questo il senso di questa vita?
Essere scoperti e
scoprirsi deboli di fronte a chi si ama,
come investiti da un’onda
che ti porta via…
Lontano dalla tua routine,
dalla tua giornata, dalla tua vita…
Lontano da tutto e da tutti ma
sempre più vicino a lei…
L’amore travolge,
distrugge,
soffoca e dà il respiro,
a chi è capace di covarlo…
L’amore dà e toglie la vita…
L’amore costruisce e abbatte…
L’amore, cresce.
FOGATO MATTEO
LICEO ETTORE MAJORANA
Classe 1a
Commento:
«Questa poesia affascina con la sua partenza tranquilla, quieta, ma subito coinvolgente. Parla della pulsione dell’amore, di questo sentimento presente in noi da subito, da prima della nascita stessa e viene descritto con un crescendo che attrae e convince con parole appropriate, fors’anche crude. Però il poeta non si ferma a descrivere, va più a fondo. Si pone l’eterna domanda sul perché dell’esistenza. .. Desiderare :/è forse questo il senso di questa vita?… E dà alcune sue risposte. Chiude poi con una riflessione sull’amore che prende e isola da tutto per portare l’innamorato sempre più vicino alla sua amata. Si avverte maturità, forza creativa e capacità introspettiva».
Nella terra
di tutti
e di nessuno
correvi…
Forse inseguivi un pallone?
Forse giocavi a nascondino?
Una lama d’acciaio
ha spezzato la tua vita.
Ora giaci riverso
sul terreno.
Anche il vento
piange
la tua giovane morte
nella terra di tutti
e di nessuno.
ANTONINI ELISA
LICEO SCIENTIFICO E. MAJORANA
Classe 2a
Commento:
«La poesia, scritta con parole semplici e sincere, è una testimonianza del dramma di un popolo abbandonato al proprio destino e di una tragedia che diventa normale violenza ai danni soprattutto delle giovani generazioni palestinesi: storie di morte, di sofferenza e di sopraffazione colte nel vissuto quotidiano carico di insidie. L’autore, con innegabile sensibilità e con l’occhio attento allo scorrere degli avvenimenti di guerre più o meno dimenticate, sintetizza una situazione insostenibile e denuncia l’impotenza e la rassegnazione di tante persone e, soprattutto, l’indifferenza dei potenti che potrebbero fare e non fanno… La poesia, con i suoi versi di una o due parole, lascia tanti spazi, interrogativi e un grande vuoto sulla pagina e conduce il lettore alla riflessione».
Tutto era una fotografia in seppia:
fermare ristante nell’addio delle
cose.
Così bisognava raccogliere l’odore
di una margherita
venuta alta dalla pigrizia dell’erba.
Poi bisognava andare…
annodare il respiro
in un foulard a frange rotte,
umido come una casa
sfollata da un rimpianto veloce.
E ogni viaggio aggiungeva sui polsi
il suono di altri bracciali,
il giro di ruota dei carri
quando si migra
come uno stormo di rondini
appena cambia stagione…
Magari restava smarrita
nella fatica di scendere
a piedi nudi
gradini nella vita degli altri.
Dimenticava anche una bambola:
rimaneva a fissare con occhi gitani
immobile in una foto in seppia
perché è rimasta a sporcarsi i vestiti
sull’erba grassa di prati stranieri.
Alla fine le mani minute
strette sulla chitarra,
attraversa la strada
una piccola zingara
che solleva passando
un po’ di polvere
e un po’ di musica.
SERRAO ALICE
LICEO CLASSICO C. REBORA
Classe 5a /III
Commento:
«Un profilo da cammeo posato su una figura classica dell’attuale miseria. Questa la prima definizione che ci sfugge improvvisa, ma carica a compiuta. Siamo di fronte al poetare autentico, ad una mano che sa sfilare il verso dall’intonso per tagliarlo con emozione e bellezza. Dall’incontro e sovrapposizione d’animo con una piccola gitana, dentro ad un grappolo di secondi rubato alla quotidiana corsa, si è ricavata l’armonia: “Magari restava smarrita/nella fatica di scendere/a piedi nudi/gradini della vita degli altri.” Ci par d’essere lì, ma non accanto alla zingara, bensì nel cuore e negli occhi di chi ha scritto, segnando con la poesia un momento da riprendere e soppesare. Avviene che ti dimentichi delle parole, come accade quando chi sa amare il verso ti prende per mano, e ti porta nella sua anima per condividerne il peso, il dubbio o la partenza. Non c’è un segno fuori posto, un volteggio che sia forzato, inutile. Si comprende appieno il lavoro del poeta, un cesellare minuto e severo; ritroviamo l’intrepido inizio di Pavese, le lacrime amare e stizzite di Baudelaire, una giovane promessa che preghiamo venga mantenuta, ma soprattutto compresa».
Soave scivoli nella mente,
cullata da un manto di tenebra,
amabile dama
dal dolce viso di bambina gioconda;
mi fissi stupita
con occhi di luce non riflessa, ma
accesa
che affogan la mente in una piacevole nebbia…
…sensazione stupenda, baciar le
tue labbra vermiglie,
petali di rosa da rugiada bagnati,
affondare il mio volto tra i tuoi
bruni capelli
di profumata seta,
partire con te senza avere una meta
e perdermi nell’estasi dell’immenso piacere.
Calore d’agosto in una brezza autunnale,
ti ho incontrata in un sogno e non
mi voglio più svegliare.
ALFIERI DOMENICO
LICEO CLASSICO C. REBORA
Classe 5a /III
Commento:
«Canto d’amore che mi ha fatto ricordare la “rosa fresca e aulentissima” che ottocento anni or sono Cielo d’Alcamo rivolgeva alla sua dama, che sembrava l’immagine della bella stagione. Ecco qui un’amabile dama, che scivola nella mente del poeta, cullato da un manto ancora confuso. E questa dama fissa stupita il suo poeta, facendogli affogare il pensiero in una piacevole nebbia. Nebbia che desta sensazioni stupende, tra le quali risaltano quelle due labbra rosse, che sembrano petali di rosa bagnati dalla rugiada. L’autore affonda il suo viso tra i capelli bruni della sua dama e li sente come seta profumata. Così si perde in un’estasi di immenso piacere. Ha incontrato la sua dama in un sogno e ora non vuole più svegliarsi. E chi lo vorrebbe, dopo un sogno così bello, dopo una poesia così alta, lirica, affascinante?»
Scegli una stella…
quella che vuoi….
E io ti faccio diventare
la mia stella.
Cercherai mai di cadere
proprio
su di me?
Mi brucerai tra l’infinito
e il nulla.
Mi schianterai in ciclo,
nel nostro cielo che riesco
solamente,
solamente a volte,
a vederlo solo.
Come te…
Tra miliardi di te sai di essere l’unica,
la sola,
e io qui che ti cerco.
E tu lì che guardi
quando ti guardo,
che pensi a quando ti penso,
che piangi sola luce,
quando io, senza guardarti,
piango me.
RAPALLO MASSIMO
LICEO SCIENTIFICO E. MAJORANA
Classe 5a
Commento:
« Il giovane poeta esprime – con immagini semplici e tratte dalla natura- il desiderio, comune a molti giovani della sua età, di amare ed essere amato in maniera esclusiva e totalizzante da colei che identifica con la stella della sua vita e che desidera possa cadere su di lui bruciandolo con la forza del suo amore. Belle sia l’immagine deU’unicità della stella prescelta tra miliardi così simili tra loro, l’unica capace di pensare all’unisono e di piangere insieme condividendo tutto, sia quella della caduta della stella tra l’infinito e il nulla simboli di una vita che vorrebbe tutto abbracciare ma che si sente ancora un nulla di fronte all’immensità dell’universo».
Sotto i dolci fiori di pesco
grida il bambino del mio cuore
e sotto i leggeri raggi di sole
io canto come le allodole del
giorno
e accompagno gli usignoli della
notte.
Scorri limpida e nobile
come un fiume in piena
spinto dal suo desiderio
di raggiungere l’amata libertà.
Non c’è paura, non c’è pena,
non c’è tristezza alcuna
che destano il mio cuore
fra i candidi fili d’erba.
La quercia della vita
piange e si dispera
nell’incubo notturno
della scienza celeste.
L’arcobaleno della vita
come rugiada la mattina
si eleva ai più alti cieli
del mondo che or ci allieta.
Ti accarezza il soave vento
che ti porta come un valzer
al sogno di mentì innamorate
che trascini nella tua immensità.
E arriva un caldo amore
che inala i tuoi densi profumi
fra i frutti della premurosa madre
e i suoi nuovi forti boschi.
Ed è questo il mio mondo
ed allor vien con me amico mio
perché è ora di tornare a giocare
per respirar vita insieme
sotto i dolci fiori di pesco.
SANTOLINI FEDERICO
LICEO SCIENTIFICO FALCONE BORSELLINO
Classe 5a
Commento:
«E’ forte, è intenso il richiamo della “primavera”, essa porta sempre, ad ogni età, l’inizio favorevole di nuova vita e nuove stagioni che ci attendono. Questa poesia esprime con soave abbandono “il fiume in piena spinto dal suo desiderio di raggiungere l’amata libertà…” e di vivere accanto alla persona che ami il nuovo mondo e “respirare vita insieme sotto i dolci fiori di pesco”».