A volte
sono così facile da prendere, così
semplice
davanti alla faccia del mondo.
Qualche volta invece
sono così testarda,
così complicata da capire
Forse perché tutto gira:
positività, negatività,
facile, difficile
tutto alla fine si fonde insieme.
Ed io
sono così piccola
in questo insieme,
ma a volte sento
che mi basterebbe volare,
toccare le soffici nuvole del cielo.
Tutto solo per sentirmi
unica speciale
testarda convinta.
Sentirmi nel tutto
quello che penso e che sono.
PRETATO CAROLINA
MEDIA MANZONI RHO
Classe 3a
Commento:
«“La giovane poetessa riesce ad esprimere con chiarezza e semplicità le contraddizioni dell’adolescenza, età apparentemente semplice davanti alle complessità del mondo ma anche così difficile e contraddittoria da vivere ed accettare. L’adolescente si sente unica e speciale, grande da poter toccare il cielo con un dito ma anche piccola per comprendere fino in fondo ciò che la circonda. Facile e difficile, positivo e negativo sembrano confondersi in un particolare girotondo, ma questo non le impedisce di sentirsi unica e testardamente convinta di cominciare ad affermarsi per ciò che è e che sta costruendo.Questa bellissima poesia, ricca di immagini e di sentimenti, riesce a farci riscoprire e toccare con mano ciò che davvero sentono e vogliono i nostri ragazzi quando crescono».
No non accendere la luce
altrimenti non vedi …
la notte che scende
Guarda il Lento scomparir delle onde
E il bosco laggiù
Sfumarsi in un unico oggetto
Guarda lassù….
Il cielo brillare dal rosso al blu della notte
L’ accendersi tenue della corte di stelle
Ed il sorgere della luminosa luna
Ascolta poi
I lievi rumori
Nel silenzio ovattato
Che sussurrano parole nuove….
E una magia che ogni dì si ripete
E che noi invece ignoriamo
Ciechi e sordi
Alla ricerca sfrenata
Di false felicità.
CIOCHETTI MIRCO
MEDIA MANZONI RHO
Classe 2a
Commento:
«Siamo in una notte magica, piena di mistero per tutte le cose che nasconde. Cose che è più bello immaginare con la fantasia, piuttosto che vederle nella realtà. Perciò non accendere quella luce; è più bello vedere le ombre che scendono a coprire ogni cosa e a nascondercela: le onde del mare che sfumano, il bosco laggiù che diventa un tuttuno con le ombre scure. E lassù? Si accendono nel blu-notte le stelle, occhi furtivi, che ci guardano umili e silenziose. Sorge la luna quasi a rompere l’incanto. Qua e là, qualche breve rumore di cose arcane, che nel silenzio ci parlano del mistero profondo del buio. E noi? Noi no, questa magia non la capiamo più. Siamo alla ricerca di false felicità, che ci frastornano e intontiscono, perchè abbiamo dimenticato la natura che col suo magico mantello ci riveste».
Improvvise luminose lingue
tagliano il cielo,
angoli bui s’illuminano
tuoni scuotono i miei pensieri,
emergono colori e desideri,
timide gioie esaltano,
il mio “io” infinito tempo,
voce del domani
non rattristarmi oggi,
lasciami sorridere alla vita
lascia che i miei occhi
spiino tra le tenere foglie
del castano profumato
instancabili evoluzioni.
DE BOLLI MIRIAM
MEDIA BONECCHI RHO
Classe 1a
Commento:
«La poesia da alle cose comuni bellezza e anima, facendole risplendere di fantasia e di sentimenti. Essa sublima la nostra mente in parole libere e musicali. E così “Primavera amica” è una pagina che illumina gli “angoli scuri” e ci propone una natura che il poeta percorre verso una “vita nuova”, offrendoci quella meravigliosa chiave magica per aprire i nostri sogni, dove troviamo – se pur per breve tempo – un intimo rifugio per conoscere e vivere “la via che porta al cielo”».
Siamo lacrime argentate,
di un passato che scivola su
un foglio a righe,
sciupato nel tempo,
Siamo stelle,
piccoli sogni di un futuro
dalle labbra nere della notte
Siamo amiche,
lacrime sporche di sogni
che valicano le rughe del tempo
che cerca di separarci ma ci avvicina
forse non ci vedremo più,
ma saranno i miei occhi a perderti,
non il mio cuore,
perché ricordati siamo amiche.
D’ARASMO MARTINA
MEDIA MANZONI RHO
Classe 2a
Commento:
«I versi della poesia “Siamo amiche…” evocano sentimenti teneri, trasparenti e sinceri ed esprimono uno stato d’animo che, raccolto nella memoria, insegue un ricordo. L’amicizia, la vera amicizia – dono prezioso – inesauribile e non dissolvibile dal tempo, cantata con parole semplici e profonde, diventa necessità quotidiana, dialogo interiore, colloquio con il lettore e – luogo di passione e struggimento per la precarietà del tempo che inesorabile scorre e allontana i sogni – sostegno per un “futuro dalle labbra nere”».
Gli occhi versano rugiada.
La luna urla nell’anima.
Il cuore ha perso le sue ali…
.. .le mie labbra hanno perso te.
Questa finestra abbraccia il nulla.
Le tue braccia stringono me.
Il tuo respiro muove le stelle.
Quell’ attimo di luce vive dentro di me…
TORRE MICHELA
LICEO ARTISTICO L. FONTANA ARESE
Classe 1a
Commento:
«Questo componimento, commisurato all’età di chi lo ha prodotto, contiene uno straordinario gioco d’immagini, deposte all’interno di pochi versi. Il quadro notturno rivela un animo in cui le lacrime – all’unisono con la luna – rigano l’arsura inferta dall’abbandono. Questo distacco è tanto reale quanto immaginario, ancor più che nella parte finale della poesia il desiderio si fa corpo, le braccia ed il respiro divengono presenza, e le stelle riportano l’attimo di luce dato dal contatto, che accende l’anima. È una poesia che colpisce per autenticità, per la freschezza di metafore asciutte ma pungenti, con quel carico di emozione che solo le prime esperienze d’amore sanno offrire ai nostri sensi».
Non mi muovo,
non parlo,
noti respiro
chiuso in una gabbia d’oro,
avvolta in catene d’argento
mi sento soffocare
ma non oso.
Apro gli occhi
e vedo il vuoto
Un vuoto inquietante.
Cerco aiuto…
Intorno a me nessuno…
Sento voci,
ma non vedo nessuno.
Quelle voci parlano di me.
Sento…
Sento…
Sento ma non voglio
Metto le mani sulle orecchie,
ma sento ancora…
la mia guancia è bagnata…
chiudo gli occhi…
li riapro
e vedo.
Vedo
persone che mi guardano,
mi scrutano.
Mi libero dalle catene d’argento
Ed esco dalla gabbia d’oro.
Non guardo nessuno,
cammino dritta,
cammino e basta.
USUELLI CHIARA
LICEO E. MAJORANA
Classe 1a
Commento:
«Poesia onirica o spaccato di vita adolescenziale? Ad una attenta lettura si è portati a trovare in questi versi quei momenti tipici della crescita, quando ogni attenzione dei genitori viene interpretata come un’ingerenza nella vita, nella formazione del carattere dei figli. Emblematiche sono “le catene d’argento e la gabbia d’oro”. Ogni consiglio, ogni intervento viene inteso più come un interessamento all’oggetto, che all’essere. Per questo viene considerato alla stregua di un inutile cicaleccio. Il protagonista si libera comunque da queste troppe affezioni e cammina diritto da solo incontro alla vita, sentendo dentro di sé, inconsciamente, la capacità di affrontarla. Buona la sensibilità e la capacità di stesura dimostrata dall’autore o autrice»
Nevica,
e il mio cuore si colma di gioia.
E come se quel grido
soffocato dalle paure
che provo ogni giorno,
improvvisamente diventasse
dolce canto di speranza.
È come se quel cielo nero,
buio
come la stanza
più remota del mio cuore,
venisse illuminato
da uno spiraglio di luce.
E come se la guerra,
violenta e sanguinosa,
fosse sconfitta dalla pace,
luminosa come il sole.
Ed io,
felice come una bimba
che riabbraccia la madre
dopo tempo immemorabile,
sorrido,
e mi stendo
sul soffice manto bianco
mentre una lacrima di gioia
scende dal mio viso.
BONATTI SHARON
LICEO E. MAJORANA
Classe 1a
Commento:
«È una sorta d’incantesimo quello che la neve compie: tutto si trasforma, ciò che vediamo quotidianamente ci appare diverso, come se solo poche linee definissero il Mondo che conosciamo. I fiocchi coprono ogni cosa e i rumori delle città giungono come deboli sussurri nel pallido mare. In questa poesia ,però, il cambiamento non riguarda solo il paesaggio, ma anche i sentimenti dell’autrice. Le paure che opprimono il cuore della poetessa, esplodono in canto di speranza, il cielo nero risplende di luce e la guerra diventa pace. La ragazza, liberata dalle preoccupazioni e abbracciata dal candido manto, si lascia sfuggire una lacrima di gioia, sentendosi felice come una bimba che riabbracci la madre. Inquietudini ed angosce fanno parte del vissuto di tutte le persone, ma se si riesce ad andare oltre questi sentimenti e a guardare con occhi nuovi ciò che ci circonda, ci si accorge che le nostre ansie altro non sono che le ombre dei nostri sogni, simulacri che possono essere cancellati dalla speranza e dalla felicità racchiuse nel cuore dell’autrice».
In una fredda giornata d’autunno
il mio respiro
si fa lentamente incerto
e si fonde con la nebbia
che mi circonda
quasi fino a svanire…
l’unico soffio di vita che mi resta,
è la debole forza di un sogno
sospeso a mezz’aria…
Mi sento oppressa
da mille domande…
schiacciata da mille progetti…
soffocata
dalle mie stesse ambizioni…
Ho bisogno di sentirmi abbastanza forte
per realizzare i miei sogni.
Cammino al ritmo
dei battiti del mio cuore…
Cerco la mia strada
e cammino,
senza voltarmi,
verso vette
che forse un giorno conquisterò.
CANIGGIA DAVIDE
LICEO C. REBORA
Classe IV ginnasio
Commento:
«E’ autunno, fa freddo, la nebbia impedisce un respiro profondo. Però sento lo stesso che sto crescendo, perchè voglio realizzare i miei sogni. Ma ora la stagione triste che mi circonda, mi opprime e mi sento quasi schiacciato dai miei stessi progetti. Il mio cuore batte forte, ha un ritmo che segna il mio passo. Vado avanti, non mi volto a commiserarmi, anzi rivedo le vette che voglio raggiungere e che forse un giorno conquisterò. Pressappoco questo è lo stato d’animo del poeta, una persona che sta crescendo e vuol crescere, perchè ha dei sogni alti, delle vette da conquistare. Vuol sentirsi forte, adatto alla conquista e alla salita per quanto ardua. Nell’ultimo verso c’è un’ombra di dubbio e di velata malicnconia: “forse un giorno conquisterò”, realizzerò progetti e ambizioni. Quel “forse” mostra una persona senza superbia, consapevole di se e della sua età. Non grida pensieri vani, sa di non avere ancora la maturità per affrontare l’impresa della crescita e perciò usa quella modestia serena, che è espressa da quel “forse”, che rende autentico, forte, deciso e luminoso l’inizio dell’impresa della vita, al fine di trovare una ragione alta del nostro esserci in questo mondo, che a volte entusiasma e a volte intimorisce per la complessità».
L’orchestra di urla sconosciute
come timpani percuote ogni senso.
Tamburi di pelle umana
battono i ritmi universali.
L’orgia di scheletri non finisce mai.
E la mattanza procede senza indugi.
Spettatori composti
guardano compiaciuti l’opera;
tra lacrime di petrolio
aspetto nel deserto
che mi rimborsino il biglietto.
Non si vede la luna
ormai coperta di pesanti aerei,
e le grida sono indifferenti
alle percussioni degli artificieri.
Prego una bandiera c
he la sabbia
possa coprire il tanfo di morte:
qui a Bagdad si spegne vita la sera.
RAPALLO MASSIMO
LICEO SCIENTIFICO E. MAJORANA
Classe 4a
Commento:
«Una poesia di sorprendente maturità, con suggestioni pittoriche che richiamano “L’urlo” di Munch. In una notte senza luna ammorbata dall’odore di morte, impettiti uomini d’affari assistono a un concerto surreale eseguito evocando simulacri di umanità martoriata: tamburi di pelle, orge di scheletri, la quotidiana mattanza degli attentati. L’Iraq di oggi non offre spiragli e non c’è neppure una causa che possa valere la pena, che possa giustificare “il prezzo del biglietto”. L’unica, desolata , speranza è che la sabbia del deserto – metafora della nostra impotenza – scenda a coprire Baghdad e il mondo. Il giovane poeta usa con straordinario rigore formale le sue immagini, senza sbavature retoriche e senza concessioni pietistiche. Testimone del suo tempo, rappresenta una tragedia e prega non si sa quale dio che finisca».
Se dovessi perderti
in un chiaroscuro di accordi
cerca le mie mani
aggrappate
ai tuoi umidi monosillabi,
e io verrò a difenderti
a imprigionarti
in un granello di tempo,
come se potessi
strapparti all’apparenza.
E se dovessi lasciarmi
in un nido d’ombre
fai che mi sia estranea l
‘abitudine…
Perché siamo pioggia
un affamato venire
goccia a goccia.
Forse mi vedrai sbagliata,
solo un giglio impolverato,
e potrai piegarmi
sui gradini di Mezzanotte.
Ma se tremando
ti accorgessi
di essere il mio stelo obliquo,
tienimi
come il tuo brivido
in caduta:
diventeremo all’improvviso
l’estremo limite del vuoto.
SERRAO ALICE
LICEO CLASSICO C. REBORA
Classe 2a /4aL
Commento:
«Forti lacerazioni interiori e uno svariare tra amore e sofferenza, tra realtà e una dimensione assoluta e diversa, lasciano il lettore in uno stato di smarrimento che lo conduce nella trama di forti sentimenti dove esasperate passioni sono custodite in quel “nido di ombre”, così caro e segreto. La vena poetica rivela una sensibilità delicata e acuta che si adagia sulla pagina con uno sguardo malinconico e sognante che esplora intrecci di sentimenti che conducono in quel “chiaroscuro di accordi” dove i monosillabi sono “umidi”».
Per paura di perderlo
stringe a sé il ricordo.
Lo serra
nei suoi piccoli pugni chiusi,
quasi a ferirsi i palmi.
Tremante
fugge lontano,
Crolla in ginocchio.
Stanca.
Debole.
Si chiude nell’angolo
per allontanarsi dalla confusione
E scivolare così nell’ombra
placatrice del silenzio.
E’ solo una bambina.
Ancora non comprende
le emozioni
che gravano sul suo animo.
Ha solo voglia
di piangere,
piangere e sfogarsi,
stretta nel suo riparo.
Lontana dalla luce,
lontana da persone, oggetti.
Lontana da tutto.
Una folata di vento
la sfiora,
le posa un foglio tra le mani.
Parte mia immortale
che aleggi nella brezza mattutina
e t’infrangi sulle rocce
accompagnata dalla spuma
delle onde dell’oceano.
E voli sotto il soffio del vento,
accanto ai cavalli in corsa
quasi a toccare la promessa.
Vola via!
Non sei più di questa terra.
Nulla più ti appartiene.
Non più nemmeno la promessa,
che si è rotta
quando un ente
estraneo, supremo,
ha deciso di prenderti per sé
Lasciandosi dietro una voragine.
Un vuoto che non potrà essere
mai colmato,
Di te non è rimasto nulla
se non il tenero ricordo.
Ferita aperta sul petto.
Trovo sollievo
solo nel nero
della penna
che ora incide parole
sotto la decisa pressione
della mano.
Cerco di alleggerire il mio animo
svuotandolo tutto in una volta
su questo foglietto,
ma non mi riesce.
Basta pensarti
anche solo un istante
per riempirmi di nuovo
di tutte quelle emozioni,
sensazioni
e pensieri
che in questa tua lunga
assenza
ho tentato invano
di far svanire,
sfumare via lievemente,
come polvere in un soffio.
Non ho più speranza dì ritrovarti
e ti scrivo lo stesso,
ma se le mie parole
non potranno mai superare
la barriera dorata
intessa dal filo precario
per giungerti all’orecchio,
spero
che queste righe
siano utili per me,
che mi aiutino
a librarmi alta nel cielo
assieme ad una brezza mattutina
ed accanto ai cavalli in corsa.
quando un giorno
toccherà a me
essere la parte immortale
di una creatura terrena,
quando anche io sarò madre
e poi nonna,
come tu,
lo sei stata
per me.
MORGANA ELISA
LICEO SCIENTIFICO E. MAJORANA
Classe 5a
Commento:
« A quella data era solo una bambina, che stringeva a se i ricordi brevi della sua vita, perchè in essi trovava la sua felicità silenziosa e il suo equilibrio spirituale. Così come fanno tutti i bambini, per trovare in se la serenità del loro tempo, che ha un passato molto breve. A volte questa bambina perdeva la sua tranquillità e sentiva di non potersi aggrappare se non ad esperienze brevi.che non comprendeva ancora. Al ricordo si fa strada nel suo spirito il desiderio di pianto e di solitudine. Ora è grande, ma un supremo Ente estraneo le ha tolto chi le dava protezione e pace, lasciando un vuoto incolmabile. Ora nel suo petto si è aperta una ferita insanabile e lei cerca conforto narrando le sue vicende scure, come l’inchiostro della sua penna. Ma., “basta pensarti” – dice -anche solo un istante per riempirmi di nuovo di tutte quelle emozioni che non mi rendono più felice e intristiscono il mio tempo. Si rivolge allora a quell’anima che da lassù la veglia, che lassù è salita dopo averle fatto da madre prima e poi da nonna, invecchiando con lei mentre cresceva. Un giorno – dice – spero anch’io di ripetere la tua vita, di diventare madre, e invecchiando nonna, come lo sei stata tu per me. A queste parole, le corde del sentimento vibrano tutte».
Schiacciata dal passato
uccisa dal presente
spaventata dal futuro
annego la mia tristezza
in un pianto di lacrime.
Persa, spaesata,
priva di qualsiasi appiglio
per risalire in superficie
continuo a vagare
in un mare di ricordi
troppo dolorosi,
spinta da un’infelicità ignota.
I vostri finti sorrisi
celano solo invidia
negandomi l’autenticità di amicizie
in cui non ho mai smesso
di credere.
L’intermittenza della vostra presenza
mi duole,
ho bisogno di voi, ora più che mai,
per ricordare il passato
senza ricorrere alle lacrime
per vivere il presente
senza affanni
per affrontare il futuro
senza paure.
Vi prego, non lasciatemi.
ZANFI FRANCESCA
LICEO C. REBORA
Classe 1a
Commento:
« Il titolo della composizione rivela il proscenio nel quale si muovono i sentimenti. È il senso di un totale smarrimento, in cui chi scrive confessa la propria desolazione senza appigli. L’affondo della propria infelicità appare incommensurabile, ed ancor più forte in quanto alimentato da un’ignota radice. L’altro appare ostile, incapace ed indolente di fronte alla propria sofferenza. Poi, a metà composizione, si intravede lo spiraglio, il senso forte dell’esistenza che torna a muovere sussulti, a cercare nelle amicizie, ancorché ostacolate, la speranza in cui credere. Infine la supplica di un cuore acerbo, che chiede aiuto senza vergogne ed ammette il bisogno: “ … Per vivere il presente/ Senza affanni/ Per affrontare il futuro/ Senza paure. Troviamo in questo scrivere l’emblema esistenziale dell’adolescente, quel travaglio che un’anima sensibile difficilmente riesce ad ottundere. L’ultimo verso, la chiusa in quel: “Vi prego, non lasciatemi.” riconsegna luce all’esistenza, la consapevolezza che solo P amore ha il potere di consolidare i sensi e la fiducia. Il valore della poesia giace tutto in questo cuore messo a nudo.».