Scappo da una vita incompresa
Attraversando le nuvole grigie
Che mi avvolgono.
Il cuore batte forte,
sembra affogare nel mondo
senza regole che conosco bene.
Senza amici, senza casa,
nuoto nello sconfinato mare,
rassegnata,
cercando di confondermi tra la
gente,
inseguita dalla solitudine.
Sento voci sconosciute,
occhi che mi fissano:
la mia anima è inquieta,
respira ambizioni che non comprendo.
Sola vivo come so vivere,
abbandonata a me stessa,
chiedendo di essere accettata.
ZANETTI SERENA
SCUOLA MEDIA BONECCHI
Classe 3a E
Commento:
«“Sola” è una poesia che ci consegna identità, un coinvolgente labirinto introspettivo operato col coraggio che solo gli adolescenti possiedono. E’ coagulo di emozioni, forza del desiderio che si fa breccia nella sofferenza inferta dalla non comunicazione, dall’incomprensione di dettami vissuti come leggi di un universo distante: “Il cuore batte forte/ sembra affogare nel mondo/ senza regole che conosco bene.” Tutto appare lontano e staccato dall’autrice, la misura dei versi sembra accompagnare questa condizione: parole come dardi, che trafiggono spietatamente ogni speranza. Ma l’urlo più disperato è sempre tramite della preghiera, la vita che si fa forza comunque: “Sola vivo come so vivere/ abbandonata a me stessa/ chiedendo di essere accettata.” La musicalità ed il ritmo di questa composizione danno più di una speranza, un segno Concreto della luce che inseguiamo sino al termine dell’inevitabile naufragio».
C’è un altro mondo
Dove noi bambini
Ci rifugiamo.
Se spegni la luce,
se sgridi mia sorella,
se urli, se piango.
C’è un mondo magico
Dove si dimentica.
Ogni ingiustizia
Viene cancellata
Anche se non dovrebbe nascere.
C’è un mondo dove
Non fingi di non pensarci.
Ci pensi e dimentichi.
Così non uccidi per vendetta.
C’è un mondo che vorrei
Dimenticare nel mondo magico:
è questo maligno mondo.
ZAPPA GIANMARCO
SCUOLA MEDIA “BONECCHI”
Classe 3a C
Commento:
«Il giovane autore, affidandosi alla parola poetica sincera, semplice e trasparente, che segue il palpito del suo cuore, con sensibilità denuncia le ingiustizie che lo circondano e quel mondo dei grandi indifferente che non è capace di ascoltarlo e dargli certezze e futuro. Egli, per placare questa inquietudine, che provoca un’esistenza non molto felice, si chiude nella sfera dei sogni che diventa un sicuro rifugio. Le parole comunicano il suo disagio esistenziale, il dramma, perché egli vede un mondo violento, che “spegne”, “sgrida”, “urla” e si nutre di sopraffazioni. Allora, non gli resta che “… un mondo magico / dove si dimentica”, dove c’è ancora lo spazio per il sogno, per lauti sogni ancora tulli da sognare e dimenticare “questo maligno mondo”. Una poesia che dovrebbe lai riflettere gli adulti, gli educatori, perchè queste generazioni non possono vivere solo nel mondo dei sogni».
Adesso, ho solo una via di scampo
da questo mondo:
posso lasciare indietro il passato
ed anche il presente,
ma non servirebbe a niente.
Posso perdere tutto,
ma non importa, perché ora ho
me,
ho la mia anima e la sento,
sta nascendo,
all’improvviso sta cambiando,
perché è viva.
Pensa a quello che desideri di più
e rendilo tuo.
Gioca ora la tua possibilità,
perché sei libero,
libero di cambiare
tutto quello che vuoi,
ma fa’ in modo di non cambiare te stesso:
devi apprezzarti per quello che
sei,
perché
puoi perdere tutto,
ma l’importante sei tu.
PAPASODARO LAURA
MEDIA MANZONI IV – RHO
Classe 2a
Commento:
«La scoperta della propria identità è una delle esperienze fondamentali nella vita di ognuno di noi: vuol dire sapersi confrontare diretta-mente con ciò che siamo e riuscire a comprenderlo. Significa accettare se stessi ed essere in grado di guardare con distacco al passato e al presente . È solo grazie alla consapevolezza del proprio io, che l’uomo riesce a capire il mondo che lo circonda e a liberarsi dei pregiudizi e delle convenzioni che ci vengono imposte. Colui che conosce se stesso è libero: libero di vivere come se ogni giorno fosse l’ultimo, come se fosse staccato dalla propria condizione esistenziale e potesse vivere i propri sogni. Ma questa libertà svanirebbe se cambiassimo noi stessi, visto che , come sostiene la poetessa, l’importante sei tu».
Variopinto, dolce, tenero …
Anche se non può parlare,
la sua naturalezza esprime la sua
essenza.
Quello sbocciato sembra voglia
dire:
“Com’è bella la luce del sole e la
freschezza della pioggia”
Quello ancora racchiuso bisbiglia:
“Fra poco, vedrò anch’io le bellezze
della natura”
E le vespe che fanno festa ad ogni
creatura floreale,
svolazzano accarezzandole lievemente,
con le loro ali velate …
Un fiore … cos’è un fiore? …
È una piccola parte della nostra vita.
MONVISIO ALESSIA
SCUOLA MEDIA SILVIO PELLICO
Classe 1a A
Commento:
«Poesia delicata, fresca, sincera, nella quale la natura prende vita e si identifica nel fiore. Il fiore diviene così il centro di una riflessione e lo si potrebbe confondere con questo giovane poeta che si affaccia alla vita e ne avverte l’attrazione e la sua voglia di esserci. Bella è l’immagine delle vespe che riempiono l’aria di festa col loro ronzare, volando di fiore in fiore. Poi c’è la domanda: “Cos’è un fiore?” e la risposta apparentemente semplice non è banale, tutt’altro! Trattiene una verità : “ E’ una piccola parte della nostra vita.” Certamente, per alcuni minuti ci ha riempito gli occhi e le nari. Per un piccolo tempo ha accompagnato la nostra vita, anzi: ha coinvolto anche la nostra mente con l’ispirazione di questi bei versi. Se prestiamo attenzione a ciò che succede attorno a noi, ci accorgiamo che la natura ci avvolge, ci rivela la sua bellezza e alle volte anche i suoi misteri.. .ma bisogna amarla e guardarla con l’occhio limpido e sinceramente curioso. Solo così la natura oltre che incantarci, ci farà riflettere ed emozionare».
Nel cuore dei poeti
Trovi una cicatrice
Per un amore finito
Per un passato doloroso
Nel cuore dei poeti
Trovi i fantasmi della malinconia
Che si materializzano
Sotto i fiumi della nostalgia
Nel cuore dei poeti
Trovi un sogno
Da realizzare ad occhi aperti
Rompendo il cassetto che lo imprigiona
Nel cuore dei poeti
Trovi la gioia
Per un giorno che nasce
Per una vita che cresce
Nel cuore dei poeti
Trovi il senso della vita
Nascosto dietro a un mare di parole
Ma se non lo scrivono subito
Diventano segreti … del cuore.
ESPOSITO ALESSANDRA
SCUOLA MEDIA MANZONI
Classe 3a H
Commento:
«Questa poesia, con perseveranza e attenzione solerte, analizza quali tesori nascondono i cuori dei poeti. Così ci troviamo di Iionio a un insieme di scoperte interiori che fanno sì che si legga d’un fiato tutto il componimento, fin troppo bene orchestrato e descritto. Vi è una cicatrice per un amore e un passato doloroso; vi sono i fantasmi della malinconia, che si materializzano in fiumi malinconici; vi si trovano i sogni da realizzare, rompendo ogni esitazione che li imprigiona. Ma vi è anche la gioia per un giorno che nasce e per una vita che cresce. Splendida immagine! Da ultimo nel cuore dei poeti vi è il senso della vita, nascosto in un mare di pensieri. Pensieri da scrivere subito, altrimenti rimangono segreti del cuore di chi li possiede La poesia abbraccia un panorama molto vasto e profondo… profondo fino là dove nasce la vita e l’apertura sul mondo».
Finalmente…
Mi sveglierò da questo diciottesimo letargo,
Uscirò fuori da una finestra aperto,
e monterò sul mio cavallo d’argento,
che mi aspetta lì.
Galopperò in avanti,
Il gelido vento accarezzerà i miei
lunghi capelli,
sferzerà il mio viso sveglio per timore,
gli estremi del mio mantello strisceranno.
producendo il rumore che porta brutte notizie .
Stringerò la bianca criniera del
mio fedele compagno con le mani.
E per la prima volta in tutta la
mia vita mi sentirò libero!
Sentirò che io veramente vivo!
In questa fantastica notte magica
si sentiranno esplosioni di segreti
ed enigmi per cui non riuscirò mai
a trovare risposte e risoluzioni.
Mi divorerà tutto
e mi illuminerà con la saggezza
come se un rapace enorme aspettasse la sua preda.
Mi colpirà lo sapienza, quella
sapienza che era sempre chiusa a chiave.
Quando mi avvierò sulla la strada tra le betulle
che mi sembrerà totalmente nuova,
anche se l’ho percorsa tantissime volte
in questi diciotto anni della mia
povera vita,
Le stelle accecheranno i miei occhi,
che resteranno aperti per la prima volta
per la bellezza della profonda luna
piena che luccica sopra di me,
Non me ne importerà di cosa troverò alla fine di questa via,
se troverò una barriera di legno
che verrà distrutta dalle forti zampe del mio cavallo.
Mi importerà solo uno cosa:
di scappare il più lontano possibile dalla mia bianca lapide
che incombe su di me da sempre.
Dopo il mio avventuroso viaggio
dirò addio
alla mogia di questa notte
e a tutte le cose che in questo
breve tempo ho imparato ad amare.
Finché arriverò ad una profonda voragine…
Al fondo di questa voragine non c’è acqua,
Quell’acqua che potrebbe ancora salvarmi …
Non fermerò pero l’animale che
teme l’enorme profondità della voragine:
anche lui non si fermerà perché
sapeva dall’inizio
a cosa portava questo viaggio.
E così cadremo nella voragine di libertà
insieme, e con un’enorme velocità
le nostre stanche anime abbandoneranno i nostri corpi rovinati.
Voleremo via nella fredda aria
fresca di questa notte stupenda
E in silenzio ci scioglieremo in lei…
DANIEL MLYNACZYK
LICEO SCIENTIFICO MAJORANA
Classe 2a
Commento:
«Ottima descrizione poetica degli anni vissuti come crisalide e poi “un breve suono della magia notturna”; il mondo si apre davanti a noi e ci attende per condurci nelle sue strade. E’ questo un importante periodo del nostro vissuto, lo terremo gelosamente custodito in noi, da non dimenticare mai la magia di quella notte… Lungo il nostro cammino altre emozioni ci faranno comprendere la bellezza, la gioia, l’importanza e la forza dell’AMORE, per affrontare in due, nel bene e nel male, ogni nostro giorno».
Distacco la mente da terra,
volo lontano,
fin dove il cuor mi conduce;
temo il rischio ma persisto.
Due bianche ali lottano contro
una pioggia di pensieri.
Un sospiro, un ricordo, una lacrima;
cado e mi rialzo.
Affiorano ricordi che io solo ho
condiviso:
il mio dolore,
la mia gioia,
il mio sorriso,
il mio pianto.
Socchiudo gli occhi e giuro a me
stessa di continuare a lottare,
a vivere.
Mi accorgo di essere troppo debole, poco protetta.
Forse son nata per essere cullata dal vento
Forse son nata per rinascere ogni giorno.
Vaghe domande mi riportano a terra:
un atterraggio improvviso conduce la mia attenzione
nella vera e triste realtà.
Apro gli occhi e mi chiedo:
“Chi sono? Dove vado e, soprattutto, da dove provengo?”
Un sospiro, un ricordo, una lacrima.
ZANFI FRANCESCA
Liceo Classico C. Rebora
Classe V ginnasio
Commento:
«Bella descrizione poetica di una delle tante tappe della nostra esistenza, ove continueremo a porci domande pur sapendo che le risposte certe saranno poche. La domanda: forse sono nata per rinascere ogni giorno… racchiude la più bella e grande verità che ci accompagnerà per tutta la nostra esistenza. E’ l’emozione che ci deve prendere al mattino di ogni giorno come se fosse il nostro primo giorno, anche se in fondo al cuore vi è un sospiro, un ricordo, una lacrima. Dobbiamo puntare sempre verso l’alto, oltre le nubi… certi che sopra troveremo le stelle…»
Stereotipi…
Illusioni…
Mi guardo in giro…
e non vedo altro
che il riflesso di centinaia di corpi
nascosti dall’ombra
di scuse ormai stanche.
Un buco nero,
si insinua nei miei pensieri…
scuro, inconsistente…
vuole risucchiare il mio mondo…
il mio essere…
me stessa…
ma io,
aggrappata alla coda di una cometa
illuminata dalla forza di un sogno,
ne esco fuori,
e finalmente
mi sento libera…
di essere quella che sono.
SALERNO ALICE
LICEO CLASSICO REBORA
Classe IV ginnasio
Commento:
«Il mondo appare alla giovane poetessa come un insieme di illusioni e stereotipi che vorrebbero ingabbiare l’intenso desiderio che lei prova di essere se stessa fuori da schemi prefissati, schemi che spesso vengono accettati con scuse che non sono in grado di spiegare il piatto e diffuso conformismo. La poetessa teme di farsi prendere dalle scuse e di essere risucchiata in una realtà che non le piace e quindi immagina di poter affermare se stessa e conservare la sua specificità aggrappandosi non ad una stella qualunque ma ad una cometa e di riuscire – con la forza del suo sogno- ad essere libera di esprimersi pienamente. Immagini e contenuti davvero alti e ricchi di stimoli che auspichiamo non vengano distrutti dal contatto con la realtà ma possano riaffermarsi nel quotidiano, riuscendo a portare un pezzo di cometa in mezzo al nostro mondo troppo spesso piatto e incapace di valorizzare non solo i sogni della giovinezza ma nemmeno la ricchezza delle differenze individuali».
Ho un muro dinanzi a me,
non ho i mezzi per abbatterlo,
cerco,
10 strumento sono io,
sono le mie gioie,
la mia felicità, le mie risate,
parole grosse:
non conosco il loro significato.
Ho un muro dinanzi a me,
non è fatto di pietra,
osservo,
è fatto di paure,
di nostalgia, di malinconia,
parole grosse:
conosco bene il loro significato,
11 muro è lì,
come un divisorio,
dalla mia sponda, solo urla e litigi
tra persone a me molto care;
litigi che cessarono
con la partenza di mio padre
litigi che iniziarono
con l’arrivo di mio fratello.
Non sono più me stesso,
sono una figura,
una figura mediatrice che cerca di
rallegrare gli altri,
una figura che cerca di far sembrare migliore la sua sponda,
complicato, difficile, quasi impossibile,
parole grosse:
ricorrenti nella mia mente.
Vorrei anche solo un attimo di luce,
un attimo di gioia,
un attimo di felicità,
un attimo di risate;
Però,
oltre questo muro,
per ora,
non si va.
CANIGGIA DAVIDE
LICEO SCIENTIFICO MAJORANA
Classe 1a
Commento:
«Questa poesia racchiude la voce disperata dell’autore. Il problema esistenziale è oggi acuito da una società che vede le famiglie disfarsi, famiglie in cui non c’è più una capacità di dialogo idonea a raggiungere un compromesso di reciproco rispetto, un “modus vivendi” capace di far superare le crisi ispirate da un edonismo continuo e assillante. Si persegue una felicità effimera, incuranti che a farne le spese siano i propri figli, i quali, assistendo al disfacimento giornaliero dell’amore coniugale, si racchiudono in se stessi e, nonostante il loro prodigarsi per mediare tra le situazione difficili giornaliere, vedono l’inutilità dei loro sforzi. Ciò toglie loro gioia, felicità, capacità di ridere. Eppure basterebbe poco, perche’ i muri che erigiamo tra noi, non sono muri di pietra. Basterebbe porre più attenzione alle cose buone, ai momenti vissuti felicemente.. .basterebbe poco.. .basterebbe la volontà …basterebbe meno egoismo…basterebbe accorgerci che i figli ci guardano e fanno di noi i modelli del loro futuro… Ciò spesso non avviene, anzi. Spesso i figli sono uno strumento usato a proprio vantaggio dall’uno o dall’altra, così si trasforma un figlio in un oggetto…Il dramma è che i figli se ne accorgono e ne soffrono terribilmente. Questa poesia racchiude tutto questo e di più. Questa poesia ci fa riflettere, non è una denuncia fine a se stessa: è una supplica sussurrata e disperata di una generazione che vorrebbe avere fiducia nel futuro, sapendo bene che il futuro si costruisce nell’armonia di una famiglia.. .con genitori che sappiano dare gioia, felicità e allegria ai propri figli».
Intuire e mai creare
in un attimo di piacere ineffabile:
vagare su quadri e testi e stanze e
musiche
tra secoli di anime come la tua
assetate di bellezza.
E mai cogliere, solo intuire
come rapire il profumo dì una
rosa
che non sboccerà mai
come godersi la nebbia soffusa
delle ore dei sogni
quando il sonno disperde la capacità d’agire…
Leggere osservare ascoltare
così, lontani dal banco di scuola
oltre la finestra della tua stanza
nel silenzio che a volte il mondo
ti concede
solo per afferrare l’immenso piacere
di credere in questa vita.
BREMBILLA GLORIA
LICEO CLASSICO REBORA
Classe 5a
Commento:
«Arriva la benedizione dell’attimo, quello in cui la poesia raccoglie profondità e stupore per trasformarli in lieve ed avvolgente messaggio. E la parola che si carica di universalità non inventando le cose, bensì operandone il raccolto per offrirle al pasto dei nostri sensi assetati. “Intuire e mai creare/ in un attimo di piacere ineffabile” è la disarmante intenzione con cui si apre la poesia. Viene posta alla luce la consapevolezza del maggiore, ciò che in qualche modo si rivela al culmine della nostra attenzione, dandoci la gioia semplice della partecipazione. Il poeta rivela la sua capace costruzione del verso, che affonda e si ritrae, in un lungo e poi breve esercizio di suoni, raccolti con prorompente valenza. Sorprende piacevolmente la chiusa, che concede al lettore l’illuminante spiraglio della possibilità, rapita a quel: “…silenzio che a volte il mondo ti concede/ solo per afferrare l’immenso piacere/ di credere in questa vita.” Non possiamo che condividere, rapiti, il credo di chi scrive».
La linea di un orizzonte
a confondersi nella sua attesa
di farsi tramonto,
e inaspettato venire smarrendosi.
E tu sei il Lupo
all’ombra della tua fame
il vorace di un’idea a divenire
carne
e spezza la misura.
Insistere contro il mio infinito
e siamo tensione al bivio
come volere di quel fiore
due rose diverse.
SERRAO ALICE
LICEO SCIENTIFICO C. REBORA
Classe 3a
Commento:
«Senza titolo, la composizione, nella prima lettura, di difficile comprensione per la sua complessa e intrinseca ambiguità, rivela, altresì, una ricerca poetica fatta di parole, immagini e suoni. Attraversata da quella che si può definire un’angoscia esistenziale, i versi nel divenire delle immagini precipitano il lettore nel mondo dell’interiorità: percorsi e moti dell’animo che segnano la voglia, tutta poetica, di andare “oltre”, di andare verso nuovi spazi e forme come conquista del sé. Il lettore, nel suo “inaspettato venire smarrendosi”, percepisce uno smarrimento, una tensione, un vuoto, così che l’esperienza, esaltata dalle continue e prolungate metafore, suscita sensazioni, emozioni e turbamenti. Le parole -sospese ad un filo – si dilatano, si concatenano per lasciare avanzare il tempo della riflessione e dell’attesa…»
Che tristezza il viso del mondo.
Ho perso
la libertà
di infiniti voli
al di là delle nuvole.
Non odo più il tocco
del vento,
non accarezzo
le lacrime penose
dei cari in cielo.
La luce dell’eternità
ha smesso
di illudere
il mio capo pesante.
Sono di nuovo
solitario,
in un mondo di pesci
boccheggianti,
sopra noi
il grigio
occulta
l’infinito.
COLOMBI JACOPO
LICEO SCIENTIFICO E. MAJORANA
Classe 5a
Commento:
«Poesia di sensazioni ed immagini, ben costruita e che piace, nella quale il poeta sottolinea il suo momento di crisi esistenziale. Il mondo, qui interpretato come la realtà del quotidiano, non gli permette più voli pindarici, né illusioni metafisiche. Si trova così solo in una società che non ha più nulla da suggerire. Però…però c’è sempre la bellezza dell’infinito sopra di noi, al quale possiamo sempre tornare prima o poi, perché questa società, col suo grigiore, può sì nascondere i sogni, ma mai ucciderli. C’è molta nostalgia struggente per credenze, situazioni, valori che paiono essere scomparsi. C’è però anche la speranza che il sole tornerà a smuovere “il grigio che occulta l’infinito”».
Lacrime di ghiaccio scorrono su
questo viso di pietra,
lacrime destinate a cedere su un
fuoco fatuo,
su parole insensate,
su invidia effimera scaldata dalle
fredde fiamme della vendetta
e della rabbia.
Ouant’è dolce la vita…
più dici basta, più lei ti tortura
facendoti disperare,
urlare
e morire dal dolore
addossandoti mille colpe su due
sole spalle.
Oramai dal mio corpo esce solo
sangue:
sangue dai miei occhi che non
vogliono più guardare,
sangue dalla mia bocca che non
vuole più parlare
e dal mio cuore che più viene colpito più batte ancora,
ancora
e ancora,
che pur volendo inconsciamente
smettere di vivere continua a vedere, toccare e sentire
gli errori di questo dannato mondo.
I miei capelli sono fuoco,
i miei occhi verde prato ormai morto
e le mie unghie sono diventate nere
come il mio cuore;
ma io continuo a vagare senza
meta alcuna,
senza alcun pensiero
e mentre cammino gemo e singhiozzo
innamorata della mia stessa tortura
e del dolore
che io stessa mi sono creata.
SCABBIA MARTINA
LICEO SCIENZE FORMAZIONE REBORA
Classe 4a
Commento:
«Una delusione cocente è l’anima di questa poesia, che l’autrice espone con un senso esistenziale disperato. Ma è così ricca di situazioni e avvenimenti, che si è quasi tentati a pensare l’opposto di quel che si legge. E son sicuro che l’autrice ha descritto questa poesia con un senso finissimo e carezzevole di ironia. Come a dire: guardate come può essere la vita. Però io… E spero che sia così, che dopo quel “però io” ci sia una persona che vive anche i pensieri tragici dell’età sua, ma che in essi non si esaurisce. La poesia ci narra lacrime di ghiaccio, parole insensate, rabbia e vendetta, la tortura della vita, degli occhi che non vogliono guardare e che somigliano a un prato morto; una bocca che non vuole più parlare, un cuore sbattuto dalle vicissitudini dell’età, che però batte ancora. Io – dice la poetessa – sono innamorata della mia tortura e del dolore che mi sono creata. Questa chiusura sembra voler indicare una presa di coscienza sui pensieri tragici che la precedono e la presa di coscienza è il fondamento spirituale di ogni conversione esistenziale.».