C’è qualcosa che pulsa
nel corpo della terra.
È la voglia di sognare
nella pace
di un mondo nascosto.
È la voglia di sentirsi vivi
fra le statue immobili
e scheletri di rocce.
L’acqua non parla
e non parla la pietra,
ma se ascolti il rumore
di una goccia che cade
senti la voce del tempo
che ripete per secoli
la sua cantilena.
Cattaneo Valeria
Scuola Media “Bonecchi”
Classe 3a
Commento:
«Nel corpo della terra, c’è qualcosa che pulsa, che batte; qualcosa perciò vivo: è la voglia di pace di un mondo misterioso, non appariscente, ma non di meno presente, anche se nascosto. Quel pulsare è il sogno della pace, è il desiderio della vita in un mondo di quiete.
Una goccia che cade e sembra scandire il tic-tac del tempo, che da sempre ripete la sua cantilena infinita. Ma quel silenzio bisogna saperlo ascoltare, come si ascolta fisicamente il rumore della goccia che cade. Purtroppo l’ascolto del silenzio profondo, di quel silenzio profondo, di quel silenzio che scava nell’anima, non è più dei nostri giorni rumorosi, caotici e spesso banali. ».
Una sera di dicembre
accesi una candela,
era una cosa insolita
volevo sognare la luce del sole.
Sognai.
Un gabbiano impaurito
volava intorno
ad un palla infuocata,
poi planò, felice, sulla linea del mare.
La fiammella rossastra
della candela si mosse
la luce divenne più viva.
Sentii l’abbraccio caldo del sole.
Mi addormentaii.
Lecchi Chiara
Scuola media “IV Media”
Classe 1a
Commento:
«Questa poesia sembra scritta da una persona che è distesa a letto, in un momento di grande quiete. È dicembre, fa freddo, è sera. Sotto le coltri si gode un tepore che avvolge tutta la persona. È buio! Come sarà bella la luce calda del sole! Viene accesa una candela: cosa insolita per le nostre case illuminate a giorno da centinaia di watt elettrici. L’autore vuole sognare la luce del sole. E la sogna! Vede una palla infuocata sul mare dove, felice, plana un gabbiano. La candela è ormai al lumicino, la fiamma per un instante vacilla più viva. Ma ecco che il poeta sente un abbraccio caldo, come se anche fisicamente godesse del sole presente nel sogno. E in quell’armonia, si addormenta quieto».
Il viso contro il vetro,
occhi colmi di lacrime,
un sospiro infelice
sul vetro appannato,
il sospiro di una fanciulla
prigioniera
in un mondo senza tempo.
Nessuno!
Non c’è nessuno che vuole aiutarmi?
Vi chiedo una parola,
un gesto affettuoso,
una carezza.
No, non dovete amarmi
se non potete,
ma comprendetemi, capire
il mio stato d’animo,
il mio dolore!
Vi prego
Palmisciani Deborah
Scuola Media “IV Media”
Classe 3a
Commento:
«È la guerra, la guerra del Kosovo. Essa si colloca fuori dal tempo apportatore di vita, perché è solo violenza, distruzione, morte. Nella poesia, una fanciulla guarda dalla finestra gli orrori della guerra e le sembra di essere naufragata e prigioniera in un nulla vuoto. Chi la può aiutare? Magari donando un aiuto modesto, semplice: una parola, un gesto, una carezza. Non chiede di essere amata, tanto è misera la sua vita. Chiede solo comprensione per il suo dolore con una preghiera che sembra proferita sottovoce».
La notte è lunga e buia.
Le luci fioche della città
fermano il tempo
in una sconfinata immensità
dove i sogni volano
come farfalle
che poco dopo si stancano
e si riposano
leggiadre e solitarie
su una goccia di rugiada
aspettando il dolce mattino
per svanire
in un soffio di vento.
Savignano Claudia
Scuola Media “Manzoni”
Classe 3a
Commento:
«È notte, c’è buio! Il tempo sembra essersi fermato in un immensità sconfinata. In essa volano solo i sogni, simili a farfalle mai ferme, tremule, leggere, che alla fine si dissetano in una goccia di rugiada, aspettando il mattino, quando un soffio di vento le farà sparire nel nulla.»
Penso a quei bambini che corrono qua e là,
cercano invano una vita un po’ diversa ma migliore,
molti di loro non l’avranno
e rabbrividiscono al solo pensarci.
Penso a quelle piccole stanze
dove ammassati come animali stanno,
ignari aspettano,
ma cosa?
E tutti coloro costretti con l’inganno
di potersi liberare dal sudiciume
che hanno indosso
non sanno invece di doversi
liberare della vita, la loro vita.
Scende il gas,
Immagino loro correre, correre nella notte,
scappare, scappare ed essere inseguiti da qualcosa
che non esisterà più,
la libertà.
Guardare indietro e non lasciare
nulla di tuo,
gridare aiuto, aiuto,
ma nessuno più li sente…
scappare, scappare, scappare…
la notte…
la mattina
non esserci più
Bellomonte Federica
Istituto “Magistrale”
Classe 1a
Commento:
«Questi sono luoghi di MARTIRIO!!! e il giovane poeta raccoglie nel suo scritto l’emozione che ha vissuto.
Passano gli anni ma nulla potrà cancellare il sangue versato da uomini che credevano negli ideali di giustizia, pace e libertà.
Questi sono i Martiri che con il loro sacrificio hanno maggiormente consolidato il difficile percorso del mondo verso un rispetto di tutti i popoli.
E se a noi oggi viviamo in un paese libero e democratico lo dobbiamo a loro, al loro insegnamento, ed ognuno di noi “deve” lottare per conservare questo importante dono.».
Vorrei essere spuma
per poter essere sulla cresta
dell’onda;
allora sarei felice…
Vorrei essere vento
per carezzare le fronde degli alberi;
allora sarei felice…
Vorrei essere fuoco
per poter riscaldare il mondo;
allora sarei felice…
Vorrei essere amore
per poter ardere nei cuori della gente;
allora sarei felice…
Voglio essere me stessa:
perché io sono spuma,
io sono vento,
io sono fuoco,
io sono amore,
io sono felice!
Occhio Giulia
Liceo Scientifico “Majorana”
Classe 2a
Commento:
«È una ballata leggera e delicata che danza scivolando sui “vorrei” e sui “sarei”… È un lungo sogno ad occhi aperti, il sogno di chi cerca una felicità diversa, più forte e silenziosa. E alla fine, quasi un’improvvisa illuminazione: l’esplosione di gioia nel realizzare la propria individualità, nel riconoscersi nel mondo, nell’essere spensieratamente e orgogliosamente felice».
Io non voglio essere
Un ramicciolo
Mosso dal vento degli altri
Sbatacchiato dalle onde della “Moda”
IO voglio essere IO.
Emanuelli Matteo
Liceo classico “Rebora”
Classe 2a
Commento:
«Come è comodo, come è facile eppure come è pericoloso lasciarsi rapire e trasportare dal “vento degli altri” … In questa poesia sono espressi bene questi pensieri, che, però vengono arricchiti da un valore e un’intensità nuovi: l’adolescenza non è più una maschera da conformare ai giudizi ed alle opinioni degli altri, ma libera da paure e imbarazzi, si afferma con dignità per rivendicare coraggiosamente la propria libertà, la bellezza della propria unicità».
Il cielo stillerà ancora
lacrime di pioggia.
Verrà violenta, a scrosci
tamburellando con forza
sulla lapide di pietra
priva di nome e data.
Una figura segaligna,
esile come un giunco,
si inginocchia e prega…
affinché l’anima del defunto
si libri leggera
in un cielo senza nuvole.
Ma la terra tace e la fanciulla
attende un segno tangibile
dell’esistenza di Dio,
perché la vita dolora in lei
come i colori non ancora
stesi sulla tela immacolata.
L’involucro cristallino
dei suoi sogni si è infranto
sotto il peso di una dura realtà,
che l’ha lasciata scivolare
nell’oblio della sofferenza:
l’unica vera interprete
dell’animo umano.
Silvestri Francesca
Liceo Scientifico “Majorana”
Classe 2a
Commento:
«La sofferenza radicale provocata dall’incontro con la morte è l’aspetto dominante della composizione: ogni sua immagine – sia della natura che degli esseri viventi – è dominata e colorata dal pessimismo di una fine a cui non si può porre rimedio e che distrugge tutti i sogni.
Sembra che non ci possa essere nessuna speranza ma alcune immagini (il cielo senza nuvole, la sofferenza simile ai colori non ancora stesi sulla tela immacolata) lasciano intravedere la fiduciosa attesa di qualcosa o qualcuno (Dio? Il defunto che salito in cielo potrà essere d’aiuto?) che sappia rispondere e dare un senso alla sofferenza».
Sola, nel rumore delle onde
Nello stormire dei gabbiani,
veloci e liberi,
chiudo gli occhi.
Ho la vita di fronte
E lei sta aspettando solo me,
e come quell’onda s’infrange
sugli scogli,
e come il gabbiano sbatte le sue ali,
io devo imparare…
… imparare a vivere.
Ferrari Stefania
Istituto Magistrale
Classe 3a
Commento:
«La composizione esprime con chiarezza e con splendide immagini tratte dalla natura la solitudine di un giovane nel momento in cui si apre alla vita e scopre la difficoltà e il timore di vivere ma anche la necessità di scoprire ciò che di positivo la vita offre. La giovane autrice riesce così ad abbozzare un quadretto in cui le onde del mare si infrangono sugli scogli, le ali dei gabbiani sbattono sul mare e l’insieme della natura si fonde con la solitudine dell’adolescente che ha davanti a sé la vita da scoprire con semplice umiltà».
Solitudine
è sentire il battito del cuore
e la profonda tristezza dell’anima
aspettando in silenzio
che un raggio di sole illumini
il cammino della nostra vita
facendoci sentire
un po’ meno soli
e un po’ meno tristi.
Greco Lisa
Istituto tecnico Geometri “Mattei”
Classe 5a
Commento:
«Spesso i giovani si sentono soli, anche in mezzo alle folle e al consumismo delle nostre società, ma, nonostante la tristezza dell’essere soli – così ben descritta nelle prime righe della poesia -, ciò che prevale è la speranza, rappresentata dall’attesa di un raggio di sole, capace di illuminare e indirizzare positivamente il proprio esistere. Solitudine, speranza, fiducia nel futuro risultano nella composizione come dipinte in un quadro armonico che ci fa ben sperare nelle positive capacità dei nostri giovani».
È forse qui?
È forse questo il luogo
dell’appuntamento che
mi scordai?
È forse qui
(Dove gli scogli
giacciono pesanti e inerti
e dove il respiro del frangente
è così simile al mio)
che avrei dovuto aspettare?
Aspettare che il mare si aprisse
in un sentiero di specchi
o che il luccichio delle onde
mi indicasse il cammino?
Forse altrove mi aspettano
In un altro mare
su un altro scoglio
in un altro me
Di Dio Tommaso
Liceo Scientifico “Majorana”
Classe 4a
Commento:
«”L’inquietudine per un appuntamento dimenticato, la ricerca ansiosa del luogo dell’incontro, di uno spiraglio di luce, forse di quell'”anello che non tiene” di montaliana memoria… Leggendo questa poesia ci si sente invasi dalle luci e dalle ombre che si rincorrono tra i versi, ci si abbandona facilmente alle immagini abbaglianti come “Avrei dovuto (…) aspettare che il mare si aprisse in un sentiero di specchi?”. Si condivide, infine, la stessa condizione di eterni vagabondi del mondo e di se stessi, con la stessa precarietà e la stessa fragilità delle foglie trasportate dal vento».
Viviamo sospesi
nel leggero filo
di eterna speranza,
di essere immortali.
Nella felicità dei mediocri
amiamo l’anima incurva,
inconsapevoli del distacco
delle nostre coscienze.
Venceslau Gloria
Istituto “Santa Marta”
Classe 3a
Commento:
«Il “poeta” si sofferma sulla precarietà del vivere dell’oggi e del domani, la quale ci dovrebbe portare a dare più amore verso tutto e verso tutti.
Vivendo si impara ad affrontare i vari problemi, e la nostra anima si incurva sotto ad ogni peso, ma poi dovremmo riprendere con più consapevolezza la nostra dimensione per aver saputo superare, senza spaccarci, gli inevitabili “brutti momenti”».