Profumo di erba appena tagliata,
brusio di voci lontane,
il canto insistente di un gallo.
Profumo di lasagne fumanti,
di peperoni arrostiti,
di crostate deliziose.
Profumo di campagna
di casa mia,
profumo caro delle persone
che amo di più.
Coppi Marco
Scuola Media “IV Media”
Classe 1a
Commento:
«Profumi, rumori, sapori delle piccole cose di ogni giorno si fondono armoniosamente tra loro e richiamano all’autore gli ambienti e le persone care: chi legge è attratto da questa semplicità che invita a fermarsi a riflettere».
È alzarsi al mattino
e non avere nessuno vicino.
È andare lontano senza
tenersi per mano.
È addormentarsi alla sera
pensando a quello che è stato,
e che, ormai, è del tutto passato.
Santomauro Federico
Scuola media “IV Media”
Classe 1a
Commento:
«Questa poesia, breve, ma ricca di intuito, presenta, forse senza volerlo, questo problema: la solitudine appunto, nell’arco temporale di una giornata. Questi pochi versi fanno meditare, tanto sono incisivi e concreti, su questo fenomeno così diffuso e presente oggigiorno.
Il poeta, benché giovanissimo, suggerisce anche il rimedio ed è l’esatto contrario della descrizione. Infatti contro la solitudine servono un po’ di compagnia, l’amicizia e la speranza nel futuro.
Tutto questo si può leggere in sette versi. C’è, quindi, capacità di sintesi, riflessione e proprietà di linguaggio. Questo fa ben sperare per il futuro del nostro poeta».
Quando la mia mente
alza le vele
e il vento del mio cuore soffia forte
riesco a raggiungerti
ovunque tu sia
o nella realtà o nella fantasia.
Per me tu sei stato lontano
ma mi bastava chiudere gli occhi
e già ti tenevo la mano
la tua dolce mano
scarna e ingiallita dal fumo.
Tu, tra il buio e la luce,
alterni ora i giorni tuoi
e di angosce ricolmi le tue notti.
Aggrappati a tutto quel che puoi
non dire mai
“lascia che sia”
Ti prego:
non andare via!
Ma la crudele realtà
mi dice che mi hai lasciata
Grillo Rosa
Scuola Media “IV Media”
Classe 2a
Commento:
«Una fanciulla ha perso il padre: egli non vive più. Ma Rosa ha un ricordo profondo del suo papà, un ricordo che le causa un dolore cocente. Quando viveva, amava tanto il suo papà, che bastava pensarlo per sentire la sua mano, la sua dolce mano, scarna e ingiallita dal fumo, ma protettrice e sicura. Ora il papà vive tra il buio e la luce, forse il buio di un luogo non immaginabile e la luce della speranza di una nuova vita beata. Rosa però con le vele della sua mente e il vento del suo cuore, riesce a raggiungere il suo papà e a sentirlo vicino. Ma poi …ecco: la crudele realtà le dice purtroppo che il suo papà l’ha lasciata per sempre. Poesia di profonda pietà e sentimento filiali, delicati, sublimi.».
Sorridere, sorridere,
nascondere il dolore col sorriso.
Avere tutto e avere niente!
Chi vedo attorno? Nessuno!
Solo tristezza,
tristezza che m’annienta
nel tutto niente!
Scrive piano la mia penna
su questo foglio bianco.
La mia mente vorrebbe farle
scrivere parole incantevoli.
Ma la mano trema,
e la penna
si è fermata
qui.
Palmisciami Deborah
Scuola Media “Paolo VI”
Classe 2a
Commento:
«Nessuna cosa suscita interesse, eppure in questo apparente completo niente, la mente quante cose vorrebbe dire!!! Vorrebbe dire parole incantevoli che la mano rifiuta di scrivere, ma quando troverà una mano amica da stringere, il niente si riempirà di gioia, di luce, di colori, di vita…..»
Entrando in questo posto,
nelle camere a gas,
nelle baracche e tra il filo spinato,
è come vedere ancora
i bianchi e scarni cadaveri
ammassati,
gli occhi terrorizzati dei bambini,
derubati dell’infanzia, dei sogni
e della speranza; è come vedere
ancora
uomini e donne al lavoro nelle cave,
come bestie,
sporchi e denutriti,
senza più dignità;
è come sentire ancora le loro voci,
le loro urla.
Di fronte a tutto questo,
pian piano mi assale
la tristezza, il dolore
e l’amarezza.
Solo una frase
scritta su un muro
mi riporta alla realtà:
imparino i vivi dal destino dei
morti.
Bonagemma Roberta
Istituto professionale “Olivetti”
Classe 2a
Commento:
«Non so perché Roberta abbia scritto questa poesia. So solo che ha suscitato in tutti commozione e meraviglia: commozione per la rievocazione di situazioni disperate ma realmente vissute da milioni di persone; meraviglia, perché a inviare questa poesia è stata una giovane, che solo da letture fatte o dal ricordo di un parente lontano ha potuto trarre la materia espresse per iscritto. Vi è un motivo per ben pensare e sperare se ci sono dei giovani che si soffermano su materie come questa, che sembrano scaturire dalle radici dolorose di un periodo che non deve mai più ripetersi, con la barbarie e la bestialità di esseri non più uomini. Bella e santa la chiusura della poesia: “Imparino i vivi dal destino dei morti”».
Riflessi,
i tuoi,
negli specchi.
Già vecchi…
Un profumo,
il tuo,
nell’aria luminosa.
Passato…
Una figura,
la tua,
leggera tra le colonne.
Scomparsa…
Fruscii…
Sei tu?
Dietro le lunghe tende…
Silenzio…
Tutto mi riporta a te
in questa bianca stanza vuota.
Eppure tu,
non ci sei mai stata.
Di Dio Tommaso
Liceo Scientifico “Majorana”
Classe 2a
Commento:
«Al di là del principio filosofico contenuto, che nega il presente, racchiuso solo nell’istante per creare il clima nel quale fare poi irrompere la sua sensazione, non ancora emozione. La poesia è una serie di quadretti in cui l’immagine gioca con parola astratta. La descrizione della protagonista, che non c’è, è frutto di un estro genuino che si materializza con versi ben impostati e misurati. Così questa sensazione finale, di avvertire una presenza in un luogo dove non c’è stata mai, ci coinvolge direttamente. C’è qualche sbavatura concessa per fissare e personalizzare l’ambiente, ma in definitiva, è una poesia ben costruita e ricca di contentuti».
Ed aspettare tutta una notte
una telefonata
che mai arriva
e che non arriverà.
Arriva l’alba
e tu sei lì
vicino al telefono,
triste e delusa con il viso bagnato da
lacrime amare.
E costruire un muro,
una barriera per proteggersi dagli altri,
ma scoprire
una notte, guardando la luna,
che in questa solitudine
la prigioniera sei tu.
Aspettare una telefonata promessa
che tarda…
Ogni minuto che passa ti accorgi
sempre più
che questo falso amore
è tutta un illusione
e che in questo brutto gioco
si sta divertendo solo lui.
E a un certo punto ti senti vuota
e non hai neanche più voglia di
piangere.
Ti addormenti spaventata dal futuro.
Non sai che fare,
ma vuoi continuare a vivere.
Gardelli Giulia
Scuola Magistrale
Classe 2a
Commento:
«Aspettare una telefonata promessa che tarda ad arrivare. L’attesa è un sentimento importante nell’adolescenza. Attesa ansiosa, a volte dolorosa, accompagnata dal rimpianto per un amore perduto. Le delusioni fanno male, ma producono cambiamenti. Oltre alle barriere di un mondo ristretto e estraneo, rappresentato da un telefono che non suona, uno spiraglio di libertà: continuare a vivere e a crescere».
Si senton rumori
si azzuffano suoni
nell’aria,
stringono
come mani,
di rosse immagini
respiri affannosi.
Fantasie,
fantasie che scorrono
dove giocarci dentro
son tutti sogni…. son tutti sogni.
Quel risveglio
ci consuma
e nel fuoco
che brucia
si vedon le polveri
Spampinato Nabila
Liceo Scientifico “Majorana”
Classe 2a
Commento:
«Nel contrasto tra immaginazione e realtà una fuga di immagini e di sogni. Fantasie rapide, con cui giocare prima del risveglio. Si riconosce un apprezzabile sforzo verso la conquista di un’espressione misurata e essenziale. La composizione viene segnalata per la sua originalità».
Nata da
una gelida
giornata di
gennaio,
umida di
malinconia.
E forse
un po’
quella sottile
brina
di disagio
mi è sempre
rimasta
dentro.
Inzigeri Giovanna
Liceo Classico “Rebora”
Classe 4a
Commento:
«Vi sono nella sintassi certi complementi strani, quali il complemento di scambio, di comparazione, di vantaggio, di scopo, ecc. che sono poco usati e soprattutto poco riconosciuti. Uno di questi è certamente il complemento di origine. Tutti però questi complementi sono completamenti (mi scuso per la cacofonia) di ciò che è precedente ed essenziale: il soggetto e il predicato, cioè l’azione del o dei soggetti. Un complemento perché ha completato ciò che precedentemente esisteva: i soggetti, cioè i genitori, e il predicato, cioè una loro azione: il concepimento di una figlia. Figlia nata in un’umida, gelida e malinconica giornata di gennaio. Se è vero che l’origine lascia una traccia nel nostro io, ecco che Giovanna dice in chiusura di poesia un po’ della brina del tempo della nascita le è rimasta dentro, e talvolta le crea un certo disagio. Il tutto però sembra espresso con un sorriso sulle labbra. Il titolo comunque è bellissimo».
Un tarlo mi rode ogni giorno,
si mangia il mio cibo, mai sazio:
amare a me lascia
due briciole grevi d’angoscia.
E’ un sogno d’eterea magrezza
e d’esser più lieve del mondo,
libellula nata dal vento…
…un soffio di ali, soltanto.
Ah, e restino fragili ossa
di sotto a un candore di nulla:
farfalla che sfiora la vita,
sospira uno stelo, sul prato.
Fiorentini Chiara
Liceo Classico “Rebora”
Classe 3a
Commento:
«La vita di ogni giorno è come percorsa da un tarlo che sembra trascinare verso il nulla e lasciare solo l’angoscia, ma da questo vuoto angoscioso, che sembra svuotare anche il fisico, emerge la speranza che la farfalla e lo stelo, fragili simboli della natura, siano più forti dell’autodistruzione da cui talora i nostri giovani sembrano farsi travolgere».
Vestiti di paura
e urla negli occhi,
migraste verso
una finta luce
poi sanguinolenta,
che vi spogliò della vostra dignità
e marchiò il vostro corpo:
ora la tenebra si è dissolta,
e alla nostra mente
non appare che fumo e nebbia,
ma il viola
del sangue…
del cielo…
dell’ultimo vostro respiro
è ancora insepolto
nella fossa comune
siglata: 1939 – 1944
Di Stefano Sara
Liceo Classico “Rebora”
Classe 4a
Commento:
«”Olocausto: ove tutto fu brutalmente violentato nel tentativo di annullare ogni individuo. Ma l’odio dell’uomo non potrà mai annullare la forza della speranza e della fede, che sono i semi che sopravvivono ad ogni nefandezza e dove garantiscono il proseguo dell’umanità, amore e democrazia che nessuno potrà seppellire».
Nel mio fiero ed orgoglioso sguardo
i tuoi occhi, sereni e velati.
Nel mio profilo giovane e sfuggente
si riconosce
il tuo, severo e segnato.
Sulle mie labbra,
i tuoi draghi
e nel mio cuore
ricordi di notti afose delle estati
siciliane.
Nonno,
dalla candida ed abbagliante
immensità,
sussurrami ancora stasera
fiabe meravigliose
di vecchi con lunghe barbe,
e boschi e lanterne,
come quando la mia risata
era un tintinnar di bicchieri
nel silenzio umido
del paese addormentato
Costanza Sabrina
Liceo Classico “Rebora”
Classe 4a
Commento:
«Nonno e nipote si confrontano; giovinezza e vecchiaia si incontrano nell’affetto e nel ricordo di fiabe meravigliose che suscitano risate di felicità e trasportano anche noi in un magico modo di ricordi lontani».
Dove l’albero ha radici fonde,
dove acre spasmo il suolo spande,
dove l’arsura cresce nel petto:
là riposa il sogno, ammiccando
ai nivei gabbiani che s’involano,
in spirali cosmiche di Paradiso.
Un battito d’ala, una notte estatica,
che sferza ogni faro
sui labili moli:
solo il mio occhio insegue il volo!
È deserto arboreo il passo
dell’uomo,
angusta sponda che irride al
naufragio
degli oziosi pionieri del mondo.
E il delirio è il respiro:
l’alito aulente della vita
mi assale…
Baldan Igor
Liceo scientifico “Majorana”
Classe 5a
Commento:
«Poetica senza dubbio di spessore per il tono sostenuto e per le metafore di cui è ricca.
Etica ed estetica si fondono in sintesi, toccando il profondo concetto della precarietà umana.
Posta in evidenza la dimensione spirituale, s’avverte l’aspetto contrapposto: malcelata disperazione – costituendo così, una lucida, inquietante, nota dolente, costantemente in bilico sulla condizione esistenziale».