Mi sveglio alle sette del mattino.
In macchina ascolto la musica e guardo silenziosa
il pigro sole alzarsi.
Si nasconde timido
dietro le nuvole e rispunta
color rosso carminio,
si riflette
sulle case infuocate.
La folle corsa verso scuola prosegue.
Alle mie spalle
si allontana
il massiccio del Monte Rosa
ancora innevato.
Immersa nei miei pensieri
ascolto
mio fratello ripetere la lezione a mia madre;
io, invece, ancora
un po’ addormentata,
preferisco dare ascolto
alla radio…..
…..Quando torno a casa
il sole ormai è già quasi calato,
la luna si sveglia,
le stelle brillano in cielo
e il sole tramonta.
Io guardo la luna e lei guarda me
e tutte e due ci chiediamo
quando mai finirà questo via vai.
Io
ascolto la radio
e guardo morire
la giornata.
La sveglia suona alle sette…..
Sangalli Luana
Scuola Media “Bonecchi”
Classe 1a
Commento:
«La sveglia che suona, gli orari da rispettare, gli impegni di scuola la monotona e grigia routine. C’è forse qualcosa di più prosaico ed impoetico? E invece da situazioni a tutti note, da espressioni semplici e quotidiane, dai gesti di sempre, può nascere un sentimento imprevisto. “Io guardo la luna e lei guarda me e tutte e due ci chiediamo quando mai finirà questo via vai”. E’ più di un tentativo. È più di un tentativo. È già una piccola poesia e come tale merita un riconoscimento».
Ricordi di un’estate,
di tempi ormai passati,
ricordi di avventure,
mai dimenticate;
sogni fantasiosi,
di un infanzia senza fine,
parole dette al vento,
forse mai capite;
bagliori malinconici,
forse senza età,
fuggevoli ricordi,
di una libertà.
Fregoni Marco
Scuola media “Manzoni”
Classe 2a
Commento:
«Questa poesia ci mostra un ragazzo, che si ripiega su se stesso, alla ricerca di un passato ancora breve per lui, ma sereno e ricco di gioia.
Sono ricordi, quelli cercati, dei tempi passati, di avventure, di parole dette, di malinconie, ma anche della libertà goduta. E i ricordi sembrano sogni fantastici, tanto sono belli e puliti dalla ruggine di quei momenti, che ora si presentano come propri di un’infanzia senza fine, ma anche, perché sogni che sembrano fantastici, come propri di un tempo senza età, che sfuggono all’esperienza quotidiana».
Non ho più fantasia
nell’inventare i giochi:
sto crescendo.
Le bambole
piene di polvere
i peluche negli scatoloni:
sto crescendo.
Al posto di libri di Fiabe
giornali, giornalini:
sto crescendo.
Non voglio lasciare
quel mondo di pace.
La vita è una guerra
e ho paura di affrontarla.
Mamma
Mamma com’è bello
quando sorridi felice
mi rendi piena di gioia;
sei la luce
della mia vita
sei un pizzico di sole
che dà sapore.
Scusa se ti faccio
preoccupare,
ma ti voglio un mondo di bene
e cercherò di non farti soffrire.
Albanese Stefania
Scuola “IV Media”
Classe 2a
Commento:
«L’autrice riesce ad esprimere con tenerezza e delicata nostalgia la difficoltà di crescere, di passare cioè dall’infanzia all’adolescenza abbandonando, insieme ai giochi, le tranquille sicurezze raggiunte per trovarsi immersi in un mondo nuovo che incute paura».
Il niente è il niente.
Una camera bianca non è il niente perché c’è il bianco,
anche l’infinito immenso buio non è il niente
perché c’è l’infinito immenso buio.
Il niente è il niente.
Scognamiglio Edoardo
Scuola Media “Paolo VI”
Classe 3a
Commento:
«Poesia che esprime molto bene, in breve sintesi, una grande riflessione sul “NIENTE”. ove ogni essere umano è contenuto in questo “nulla” e che bene o male cerca di riempire nei giorni della sua esistenza».
Vorrei essere tutto e nessuno,
vorrei essere un veloce gabbiano
e librarmi nel cielo oltre le nuvole,
vorrei essere un ombroso salice
e ospitare la gente sotto le fronde,
vorrei essere un nero destriero
e fuggire lontano da ogni paese,
vorrei essere un tenero bambino
e vedere il mondo sempre sorridente,
vorrei essere un vero giocoliere
e trastullare la gente,
vorrei essere tutto e nessuno
e sentirmi ogni cosa e ogni uomo
e vedere ogni paese e ogni città
e sentirmi gabbiamo e albero
e destriero e bambino e giocoliere
e vedere che tutto un mondo
intorno a me
ma che niente è veramente tutto.
Lazzaroni Stefania
Liceo Classico “Rebora”
Classe 2a
Commento:
«La poesia riesce ad esprimere, con chiarezza e semplicità, la contraddittorietà propria di ogni essere umano ma vissuta con particolare forza dall’adolescente, costantemente in bilico tra il desiderio dell’assoluto e della perfezione e la limitatezza delle scelte quotidiane».
Lo sentivo nascere in me,
cresceva come l’impeto del mare
durante una tempesta estiva,
non mi dava pace,
Solo un attimo placido,
ogni cambio di luna
e poi di nuovo
sempre più forte
senza
né un perché
né un motivo.
Non sapevo neppure cosa fosse
questo peso che
mi opprimeva lo stomaco
che mi faceva cessare
il respiro,
aumentandomi freneticamente
i battiti
del cuore, solo
ora che questo peso
è svanito
nel nulla
ho capito cos’era:
la paura di rimanere
sola in mezzo al caos
di un mondo
senza pace.
Vacca Adele
Liceo Classico “Rebora”
Classe 2a
Commento:
«È una poesia del genere introspettivo che descrive con un’immagine viva e forte lo stato di angoscia, di un inconsapevole agitarsi del nostro essere. Comunque la giovane scava dentro se stessa per capirne di più e qui nasce il poeta.
Se si chiudono gli occhi, si vede la forza del mare e la sua estesa calma, che prelude a nuove burrasche, proprio come la tribolazione dell’anima nella continua ricerca del significato, del senso di tutto.
È l’eterno problema dell’uomo, giovane o vecchio. È anche l’eterno tema della poesia fatta di esaltazioni e di depressioni».
Guarda gli occhi di quel bambino,
hanno visto solo morte e sofferenza
guarda gli occhi di quel bambino,
sono vuoti e spenti,
non conoscono pace,
se guardi in fondo ai suoi occhi,
vedrai ancora gli spari e il rosso del sangue
rimarrà indelebile il ricordo,
in quegli occhi di bambino.
Guarda gli occhi tristi,
di un bambino che non ha avuto
né infanzia né felicità,
vedrai la speranza di un’innocente che ha pagato.
Bonagemma Roberta
Scuola “Olivetti”
Classe 1a
Commento:
«Sottolineatura d’eventi che colpiscono il cuore e la mente. Preme l’incombenza dolente, se non addirittura tragica, di una condizione umana. Il messaggio che ne deriva, non casuale, né puramente rappresentativo, è dunque di spessore.
Speculazione pregnante che lasca all’amore per gli altri, per il proprio destino, la maggior parte di sé».
Piccolo paese
d’energia industriale:
natura scarsa
e scarso amore.
Rivetti Davide
Istituto “Puecher”
Classe 1a
Commento:
«La composizione ha saputo cogliere, nella sua asciutta brevità, l’alienazione della società industriale che l’autore esprime con parole semplici e tragicamente amare».
Invano tento
di incrociare
quello sguardo
da cui voglio imparare
la dignità
di te
che sai cosa sono
lavoro
e stanchezza.
(estate 1996)
Inzigeri Giovanna
Scuola “Rebora”
Classe 3a
Commento:
«Poesia breve, bella come le altre due inviate da questa ragazza, che affronta un tema arduo e solenne: la dignità della persona. Dignità che non è nel nome, nel posto sociale occupato, nel titolo, nel … E si potrebbero elencare ancora tanti luoghi in cui comunemente si fa consistere la dignità. Ma questa ragazza insegna anche a noi adulti, così spesso soggetti a certe convenzioni sociali, qual è il fondamento della dignità, il luogo in cui nasce e da cui cresce: il lavoro e la serena stanchezza conseguente al dovere compiuto. Ella cerca lo sguardo di Cristian, per apprendere da suoi occhi pensosi il sentimento più schietto della dignità, che sorge dall’impiego operoso dei giorni di un ragazzo».
Non voglio
credere
che tu
non sia,
che il fatto
di raccontarti
un tramonto
e la gioia,
non abbiano
significato;
che io parli
sempre sola
con questo
albero morto
e tu
vivo
non senta.
Balduin Paola
Scuola “Majorana”
Classe 5a
Commento:
«La poesia esprime l’ostinata fiducia nelle capacità dell’uomo di provare sentimenti forti e di sapersi confrontare con gli altri, nonostante l’autrice venga a contatto con l’apparente insensibilità di chi le sta vicino e viva un’esperienza di solitudine in cui solo la natura, anche se morta, sembra saperla ascoltare».
Tanti campanelli
in concerto
squilli che
trafiggono
il silenzio.
Mani,
cascate di
sangue.
La Terra
è come
una biglia di vetro
crepata.
Marini Alessandra
Scuola “Rebora”
Classe 4a
Commento:
«”LA FINE”, poesia che ci porta all’OMEGA DELL’ALFA dell’uomo ove è annunciata come un risveglio con suoni che ci trafiggono di dolore. “LA FINE” diventa la vera essenza della vita perché determina il valore del nostro esistere».
Qualcuno andava…
Andava in giro dicendo
che il sole era morto,
non accorgendosi ancora
di possedere una fievole luce,
e implorava il cielo.
Ora c’è un altro uomo
che racconta
dell’esistenza di un botola del sole
che io cerco da sempre… Vagando
con la speranza
di incontrare quel qualcuno
che andava in giro dicendo.
Costanza Cristina
Scuola “Majorana”
Classe 5a
Commento:
«”L’incertezza, l’attesa, la ricerca di un senso, di un maestro, di un orientamento: non sono solo esperienze dell’adolescenza, ma accompagnano l’uomo in tutta la sua esistenza. La storia è antica. Questa volta, in un composizione breve e misurata, dà vita a un’immagine non priva di originalità, in un linguaggio che ha il pregio della chiarezza e della musicalità».